Il caso
Si rileva la presenza di rifiuti abbandonati su un terreno adiacente ad un’area di acciaieria dismessa, il sindaco emette ordinanza di rimozione e bonifica ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in danno della società proprietaria del terreno che, tuttavia, impugna l’ordinanza innanzi al Tribunale amministrativo regionale deducendone una serie di vizi di legittimità, tra cui la lesione del principio di colpevolezza e del diritto al contraddittorio.
La norma di riferimento: il D.Lgs. n. 152/2006, “Norme in materia ambientale”, entrato in vigore il 29 aprile 2006, in attuazione di direttive comunitarie finalizzate alla salvaguardia del bene ambiente.
I principi:
obbligo di contestazione dell’illecito al responsabile e/o al proprietario dell’area;
partecipazione degli intimati nel rispetto del diritto al contraddittorio;
rispetto del principio di colpevolezza, “chi inquina, paga”, di derivazione comunitaria.
In ordine alla questione della “responsabilità ambientale”, fondata sul principio del “chi inquina paga”, la giurisprudenza amministrativa, da ultimo in una recente sentenza del TAR Piemonte, ha dato atto dell’esigenza – ai fini dell’imputabilità di un evento a un soggetto – che debba sussistere (ed essere dimostrabile) un nesso di causalità tra azione (od omissione) dell’autore della contaminazione e superamento – o il pericolo di superamento – dei limiti di contaminazione.
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Dunque, l’ordine di rimozione e avvio al recupero emesso dal sindaco è illegittimo se diretto ai proprietari dell’area sulla quale sono stati abbandonati i rifiuti, senza che sia accertata, in contraddittorio con i soggetti interessati dalle autorità preposte al controllo, la loro imputabilità a titolo di dolo o colpa.
L’obbligo di bonifica grava dunque in capo al responsabile dell’inquinamento che le autorità amministrative hanno l’obbligo di individuare e ricercare (art. 192, 2, e 244 D.Lgs n. 152/2006), mentre il proprietario dell’area non responsabile dell’inquinamento ha solo la facoltà di effettuare intervento di bonifica (art. 245 d.lgs. n. 152/2006).
Come precisato dalla giurisprudenza amministrativa (C. Stato sez IV, 25.07.2017, n. 3672) “in base al diritto Comunitario (art. 14 1, dir. 2008/98/Ce), i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti e questa regola costituisce un’applicazione del principio “chi inquina paga”; in definitiva, la detenzione dei rifiuti fa sorgere automaticamente un’obbligazione “comunitaria” avente un duplice contenuto: a) il divieto di abbandonare i rifiuti; b) l’obbligo di smaltire gli stessi”. E’ stato osservato, peraltro, che “solo chi non è detentore di rifiuti, come il proprietario incolpevole del terreno su cui gli stessi siano collocati, può invocare l’esimente interna dell’art. 192, 3 co, D.lgs. n. 152/2003”.
Non sussiste, pertanto, nel nostro ordinamento, una responsabilità oggettiva del proprietario del suolo per i rifiuti illecitamente abbandonati sullo stesso.
In conclusione, il Comune territorialmente competente, dovrà individuare i responsabili, previa attivazione delle garanzie di partecipazione al procedimento amministrativo di cui agli art. 7 e ss della L. 241/1990 e, solo dopo aver individuato i soggetti ai quali è imputabile l’abbandono, potrà disporre nei loro confronti l’ordinanza per a rimozione e rimessione in pristino.
Ne deriva che, nel caso in rilievo, ove non sia comprovato alcun nesso causale tra la condotta del proprietario dell’area e l’abusiva immissione di rifiuti, porre un concreto obbligo di garanzia a carico del proprietario ed in ragione della sua mera qualità di proprietario, è inesigibile e illegittimo, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva che, però, esula dal dovere di custodia di cui all’art. 2051 c.c.
L’amministrazione dovrà pertanto provvedere in danno del responsabile.
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